Diventare counselor implica necessariamente porsi al di fuori dell'ambito clinico psicologico, perchè il counseling inteso come modalità di cura di disturbi e di disagio psichico è competenza dello psicologo abitato, il quale non è un counselor ma può adottare l'approccio del counseling.
Invece il counseling, come professione a sé, al di fuori dell'ambito clinico, richiede l'acquisizione di competenza in due ambiti non psicologici, quali quello filosofico e quello psicobiologico. Il percorso formativo, quindi, non ricalca quello della psicologia clinica, della psicoterapia, della psicodiagnostica, ma quello della psicobiologia del comportamento umano come filosofia pratica di vita rivolta alla promozione del benessere.
Esso prevede lo studio della storia, della filosofia, della sociobiologia, dell'etologia, dell'antropologia, della psiconeuroimmunologia del comportamento umano applicati alla presa in carico della persona nella sua globalità, al solo scopo di aiutarla a migliorare la qualità della sua vita attingendo e sviluppando le proprie risorse interiori.
Il business del counseling spinge la maggior parte delle scuole a utilizzare una comunicazione falsa e ingannevole per attirare ingenui clienti: non occorre alcun titolo di studio, tantomeno di Laurea, per poter praticare legittimamente.
Le pubblicità ingannevoli delle scuole di Counseling che sono state escluse dall'elenco delle associazioni professionali di cui alla legge numero quattro del 14 gennaio 2013 sono rivolte a cercare di giustificare l'insegnamento di una professione che consente di diventare counselor sulla base di conoscenze e competenze che il Ministero dello Sviluppo ha giudicato sovrapponibili a quelle dello psicologo e quindi non legittimamente praticabili da chi non sia psicologo iscritto a un albo.